di Francesca Caputo
“U baculë, a canbana, u nvirrë-nvirrë, a murra, a mazzë_e pivuzë, u cierchië, u castëllettë a nucë, a scianchëtella, iunnàra, tricsë, cavallë e cavallettë … erënë chissë, senza rici ll_atë, lë iuèchë ca faciemë ra uagnunë […] Lë iucariellë nnë lë faciemë nuië: già, nun së në vënniènë a lë pute(g)ë, ma soldë, tannë, nun së në vëriènë ca_a_Capurannë e a Sanda Zëmbaròsa […] Ma u meglië iuechë nuestë erëtë a bbuttunë, a battëmurë, a tuecchë o ccu lu zullë, ma chi ci iè ppë suttë erëtë zì Titta ccu lë gicchë ra_caccia e lë ippùnë.”
Questo breve decalogo dei giochi del passato è tratto da uno dei racconti di Vito Castronuovo intitolato “Iuechë e Iucariellë”, inserito nella raccolta A Chillë Tiembë. L’autore narra l’ingegnosità dei bambini nel costruirsi manualmente i propri giochi: come piccoli artigiani intagliavano abilmente il legno con l’uso di un coltello, come furbi ladruncoli sottraevano di nascosto i bottoni dalle giacche dei famigliari, in un’epoca in cui gran parte della società viveva di stenti e fatica nei campi. I bambini di allora qualche moneta la ricevevano solo a Capodanno e alla Festa patronale, ma di negozi di giocattoli dove poterli spendere non ve ne era nemmeno l’ombra, già era “grazia di Dio” trovare una tavolata più ricca il 24 dicembre! Oggigiorno, nei Paesi più avanzati, è raro vedere un bimbo scolpire un giocattolo di legno o cucire bamboline di pezza, ma che Natale sarebbe se non ricevessimo e donassimo una piccola scatola ben guarnita di nastri e lustrini? Da sempre il regalo rappresenta un “pensiero” che una persona fa all’altra: per amore, amicizia, buon augurio, necessità; in ogni sua forma il regalo per eccellenza si presenta sottoforma di una scatola colorata, minuziosamente addobbata, in modo tale da scaturire gioia e stupore in chi la riceve. Affinché lo scambio garantisca uno stato di benessere da entrambe le parti, è necessario che la scelta del contenuto della “scatola” sia eseguita in modo ponderato altrimenti si rischia di deludere le aspettative del festeggiato e della circostanza. Gesù Bambino ricevette oro, incenso e mirra dai Re Magi presso la grotta di Betlemme, certo, solo in età matura ne comprese il valore simbolico di cui si facevano carico quei doni. Anche gli antichi Romani si scambiavano le strenne (rigogliosi rami consacrati) il primo gennaio come augurio di prosperità e di abbondanza, ma erano altri tempi. A questo punto, cari lettori, vi chiedo di meditare sul valore che date ai regali che ricevete o sperate di ricevere: è più prezioso il dono o il donatore? Condizionate la scelta o preferite l’effetto sorpresa? Purtroppo non sempre noi esseri umani riusciamo a soddisfare i desideri attraverso i regali ma in fin dei conti, siamo onesti, basta il pensiero!