don Nicola Modarelli
L’adolescenza come età non esiste più poiché è stata attaccata dai processi sociali che hanno preteso da un lato di prolungare falsamente l’infanzia, sfruttando l’idea di una presunta innocenza del bambino; ma dall’altro di accelerare l’entrata nell’età adulta, l’età del voglio e posso.
L’uomo è un animale lento, con una storia evolutiva di centinaia di anni e l’adolescenza è sempre stata un passaggio decisivo e importante verso la maturità che, una volta scoperta, mostra già il segno di ciò che ci aspetta: la morte.
Nell’adolescenza, invece, si vede senza vedere, si scopre senza sapere, si capisce senza ragionamento, si sperimentano forze interiori ed esteriori potentissime, tra ansie, paure, avventure. L’adolescenza è l’età di una cecità volontaria nei confronti con la realtà. Se la diagnosi è facile, più arduo è sapere come trasmettere i valori ai giovani adolescenti che stanno vivendo l’esperienza di infrangere il divieto di uscire dalla tutela dei genitori per dimostrare di non essere più alla scuola primaria. La prima cosa su cui riflettere è sul significato dell’idea di valore. In secondo luogo bisogna vedere come i valori possono nascere, vivere e soprattutto transitare da uomo ad uomo. I valori non sono enunciazioni né tantomeno norme. La concettualizzazione di valori come l’obbedienza, l’onestà o la tolleranza, non è possibile perché si tratta di virtù pratiche che si apprendono solo per imitazione o per esperienza. Si dirà che, essendo l’adolescenza una età della incertezza, occorre dare agli adolescenti delle certezze. È giusto e falso allo stesso tempo: l’età che va dai 10 ai 16 anni potrà apparire dominata dalle incertezze, ma resta il fatto che questa età è la più ricca di forze e che essa riguarda uomini e donne nel pieno vigore, dove le potenzialità psicofisiche sono maggiori delle possibilità di usarle. Se dunque dare certezze significasse spingere a fare più cose possibili per assecondare il desiderio di vivere, ciò vorrebbe dire tradire quello sguardo di tenebra o sguardo che non vede tutto e che conserva il senso del mistero o dell’ignoto. Chi al contrario, con l’intenzione di proteggere, volesse impedire che il desiderio di vivere si manifestasse in tutta la sua forza, si ritroverebbe nella condizione immaginaria, ma tanto esemplare, in cui si è trovato il precettore di Emilio, il personaggio del celebre romanzo educativo di Rousseau steso nel 1762, che cercava di ritardare il più possibile la crescita del discepolo, al punto da stordirlo di cose da fare e di fatica corporale, per impedire che si sviluppasse l’immaginazione, portatrice di tentazioni e specchio della società corrotta. Quali ancoraggi per i giovani adolescenti? Ancoriamoli a noi adulti senza nasconderci, ma anzi rivelandoci piano piano quello che avremmo voluto essere, ma che non siamo. Ancoriamoli come si mette in sicurezza chi deve salire in parete o andare per mare : ancoriamoli con tutta la cura che sappiamo mettere per non perderli. Chi siamo noi adulti, giudici dei nostri limiti, per dare certezze e sicurezze a chi non ci guarda più con venerazione- come fanno i piccoli- ma che ci guarda di nascosto o facendo finta di ignorarci? Fuggire gli adolescenti è uno dei peccati sociali più gravi. Gettare la spugna o far finta di aspettare che giungano a miti consigli è infamia. Comprarli o bastonarli significa colpirli nel profondo. Insomma, tutti gli atteggiamenti classici di una società adulta, o mercantile o di lotta per la sopravvivenza o per potere, sono di quanto meno adatto ci sia per entrare in rapporto con loro. Ciò che l’adolescente rifugge di più è infatti la solitudine: la potenza del corpo e della mente non può rimanere compressa in una capsula umana, ma ha bisogno di funi emotive e relazionali sempre più lunghe e varie. Ecco allora il significato dei legami, dei nodi e soprattutto del viaggio. Più che lo spazio, l’adolescente ama il tempo che gli si dedica. Non cerca mai l’avventura solitaria, ma sempre l’esperienza collettiva. Ed è a questo proposito che l’apprendimento di un mestiere, lo studio, la letteratura e la scrittura significano molto: sono i migliori strumenti per passare dalla cecità di un desiderio vuoto a una esperienza intellettuale che costruisce valori, o meglio, costruisce il campo in cui i valori possono essere curati. L’orto della vita è ricco di fiori e di frutti se solo si capisce che non può essere una foresta, dove si piantano maestosi alberi- valori che sono talmente imponenti e immobili da essere schivata: l’orto della vita richiede cure continue e delicatezza. Il tempo condiviso è la vera cifra valoriale dell’adolescenza per l’adolescenza.